Francesco Sartori

Diretta con Agnese Caon: "Il mio incontro con Francesco le Tecniche F.r.e.e.l.”

Oggi ti faccio raccontare l'esperienza di Agnese Caon con le Tecniche F.r.e.e.l. direttamente dalle sue parole.
 
(Atleta paralimpica Nazionale, 2 volte campionessa Italiana Getto del peso e lancio del disco, categoria F41 Fispes).
 
Ieri sera abbiamo fatto una diretta dal titolo:
 
"Il mio incontro con Francesco le Tecniche F.r.e.e.l.”
 
E ora la parola ad Agnese:
 

 
«Dai miei 130 cm posso vedere, sentire, amare, incontrare, mi sono allontanata a piccoli passi, dal giudizio che sentivo arrivare dagli altri e che automaticamente mi autoinfliggevo dicendomi: io chi potevo essere e cosa potevo fare crogiolandomi sul mio non essere. »

Ma in questo percorso ci sono state domande forti ma che hanno dato la possibilità di iniziare a vedere la mia vita sotto un’altra prospettiva quella dell’amore verso me stessa e le domande sono state:

  • Come vedi le tue braccia e le tue gambe?

  • Sai che saranno con te per sempre ?!?

  • Che cosa puoi cambiare?

  • Cosa non puoi fare?

  • Che cosa ti manca?

Dopo 24 anni di psicoterapia e 10 anni di ansiolitici e antidepressivi, stanca di tutto ormai, alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarmi, ho trovato Francesco e le sue Tecniche F.r.e.e.l., da lì, la rinascita, la scoperta di me stessa come persona, del mio valore personale e del mio spazio che non può dipendere dalle decisioni e dalle scelte degli altri ma dalle mie scelte e dalle mie decisioni di come impostare e pensare alla mia vita. Ho scoperto che io posso, e soprattutto io lo devo a me stessa: l’amore per me. Rendere consapevole una persona la aiuti ad essere libera. Renderla autonoma la fai crescere. Rendere una persona cosciente di ciò che la abita aiuta a sostenere i suoi passi è farle scoprire la vita.

La più ardua fatica è stato un lavoro costante, un affrontare in ogni momento quello che emergeva, perché la prima via di fuga è non voler vedere quello che c’era, le resistenze erano impegnative, è un lavoro appunto costante per riuscire a ritrovare la mia persona, Io Agnese.
 

 
Moltissimi dei nostri incontri erano basati sul lavoro per la consapevolezza, la centratura e il tostissimo, ma super efficace Rilascio Emozionale.
 

 
Un grande aiuto mi è stato dato da questo podcast:
 
Ruoli e autenticità, la contrapposizione a scapito della sessualità
 

 
Ho iniziato a percepire le parole in maniera diversa: amore e amare, voler bene, abbracciare e guardare negli occhi, iniziare ad amare a distanza, e anche per la parola solitudine ho rivisto il suo senso, il suo lato positivo anche.

Ho imparato a meditare con questo Podcast di Francesco per ritrovare il mio centro personale:

https://www.francescosartori.org/podcast-tecniche-freel/episode/78dc52f4/04-meditazione-freel-ep1-francesco-sartori
 

 

Ho iniziato a ri-comprendere il significato del fatto di esserci e quello che sta avvenendo è qualcosa di davvero unico per me, e per chi mi sta accanto".
 
Agnese.

Ti invito a vedere la diretta al link qui sotto è stata una serata davvero ricolma di spunti e aneddoti.

Sono Agnese Caon, ho 34 anni e sono atleta paralimpica nazionale, lavoro come impiegata centralinista in un’azienda della zona; ho iniziato a fare sport a livello agonistico a settembre del 2018, e con me vive una condizione fisica particolare ma non impossibile da gestire e proprio per questo per me lo sport è stata una delle scoperte più belle, perchè ho iniziato a vedere una parte di mondo che mi mancava e che sembrava appunto impossibile da raggiungere e invece è possibile allenarsi, fare gioco di squadra e raggiungere anche buoni risultati tanto che per due anni consecutivi sono riuscita a mantenere il titolo italiano di categoria F41 nel getto del peso e nel lancio del disco.

Nella condizione o patologia con cui mi trovo a vivere ogni giorno, parlare di disabilità è un primo passo per poter dire che nonostante tutto si può vivere, e vivere bene anche se questo potrebbe condurre a pensare di dover rendersi pietosi, il passaggio utile da fare è rendere la disabilità non discriminatoria, valorizzare la diversità per la sua unicità, mi piace pensare, dato il linguaggio comune: normali e disabili, che anche tra le persone normali ci siano delle diversità, ognuno con il suo percorso di vita e con la sua vita vive esprime la sua persona. Ma allora cos’è la disabilità? Sembra quasi inutile parlarne? Non credo data la continua stigmatizzazione su questa espressione “diversamente abile”, “disabile”, “sfortunato”.

Con questa condizione, nella mia vita ci sono stati tanti momenti di buio totale, anche se ero inserita in diversi ambiti di servizio non ho mai trovato il mio vero IO perchè pensavo sempre in base a come venivo definita: nana, bassa, insensata, un’eterna bambina ma, come si dice i pensieri creano le parole e le parole creano azioni, credo ci sia da lavorare al contrario, sul linguaggio per cambiare il pensiero, perchè appunto abbiamo un’idea sbagliata di ciò che è la parola disabilità, cambiando pensieri e parole cambiano anche le esperienze che viviamo. La bellezza sta nel pensare che è possibile per tutti, accettare la condizione fisica, il disagio, accogliere sé stessi ognuno nella propria forma nella presenza, nel vivere diverso ma adattabile, allora anche gli altri accoglieranno questa vita, questa presenza, questa forma.

Le difficoltà maggiori sono sempre state quelle dell’accettazione di me stessa, nel vedere che gli altri crescevano ed io no, nel farmi accogliere in famiglia e dagli amici e nelle relazioni che si costruivano passo passo, perchè: come potevo io farmi sentire (parlando) se ero sempre la più bassa? Come potevo io dire esco con voi se mi sentivo sempre in più?

Ed è da qui, dal fatto di aver perso ogni possibilità, dopo 24 anni di percorso di psicoterapia e 10 anni di psicofarmaci di cui non rinnego nulla e che sono serviti in parte per cercare di affrontare al meglio ciò che c’era li fuori, in una dimensione fisica che fin da subito sembrava insuperabile, e stanca di tutto, dopo anni di ricerca di senso, è avvenuto l’incontro con le tecniche F.R.E.E.L. non avevo indagato molto su queste tecniche ma sentivo che potevo fidarmi, non era più il tempo di chiedere nulla ma lasciarmi condurre. E’ un percorso iniziato 15 mesi fa e quello che ho sentito fin da subito è che io ero imbrigliata in dei pensieri, in delle situazioni a cui ero molto affezionata e che non riuscivo a lasciar andare:

Chi sono io per meritare qualcosa di più?

Perché gli altri mi giudicano sempre?

Perché il loro sguardo è sempre così sondante?

Perché io non posso fare come fanno tutti?

Ma tutto questo si racchiude in tre domande che mi sono state poste fin da subito:

Che cosa puoi cambiare?

Cosa non puoi fare?

Che cosa ti manca?

Attraverso una serie di rilasci emozionali, è iniziata l’evoluzione, perché ho scoperto che posso fare tutto e non mi manca nulla, ho iniziato a vedermi vivere, ad accogliere piano piano (molto piano piano) questo corpo che non volevo, e ho iniziato a sentirmi vivere. Il passaggio fondamentale e importante è stato dal 10 gennaio in poi, perché arrivavo da 10 anni di psicofarmaci per tenere a bada ansie, paure, attacchi di panico e momenti di grande sconforto in cui piangevo ovunque (al lavoro, al supermercato, in piscina, a casa), ma dopo alcuni trattamenti e grazie appunto alle Tecniche F.r.e.e.l. iniziando a liberare le vecchie convinzioni e i pensieri più radicati ho abbandonato i farmaci, è avvenuto che non ne sentivo più il bisogno, non li cercavo più anche se in un primo momento sapevo che c’erano nel cassetto e nella borsa, poi ho eliminato tutto ed è quasi un anno senza farmaci, questo mi ha aperto la visione, ho iniziato ad alzare lo sguardo (prima rivolto solo ai miei piedi) ho cominciato ad assaporare il cibo in maniera diversa, ma soprattutto mi sono sentita subito più attiva meno addormentata (prima anche se mi sembrava di essere sveglia ero in una sorta di campana in cui rumori, suoni e parole a volte non entravano perché bastava prendere una pastiglia per mettere tutto a tacere, per non ascoltare e per non parlare) mi sveglio presto e inizio ad avere energia fin da subito. Diciamo che era diventato automatico, mi svegliavo il mattino e sapevo che se non prendevo le pastiglie non avrei avuto vita facile al lavoro (pianti e crisi di panico) e così anche la sera ero convinta che non prendendola non avrei dormito e questo poi si verificava perchè entravo nel loop di quel pensiero e non dormivo.

È stato un educare al pensiero in maniera diversa, non un pensiero positivo, ma un pensare con la mia testa, iniziare a lavorare su ciò che io desidero per la mia vita, a vedere ciò che appunto posso fare e ciò che non posso fare, ha iniziato ad arrivare ciò di cui io avevo bisogno, non un superfluo continuo arrivare di cose, eventi, persone che prima mendicavo come presenza per la paura di perdere tutto e tutti anche se avevo già perso tutto e tutti, ma ora è anche un rimanere da sola e avere tempo per me, un tempo e un rimanere che mi fanno bene.

Un educare in maniera diversa, uno sciogliere un nodo che mi stringeva la gola quel qualcosa sul quale io mi sono sempre crogiolata, era il mio dolore più forte, ciò che non mi stava più facendo vivere, ciò per cui mi ero chiusa in camera a piangere giorni e notti intere, perché nessuno li fuori mi accettava, ma era vero? No… gli altri mi accoglievano, ero io che non riuscivo a vedere, e che non accoglievo me stessa, mendicavo attenzioni, perdendo a mano a mano di credibilità e relazioni importanti, perché io dovevo essere la poverina di turno, la prima ad arrivare e la prima ad andare via, quella che se c’è Agnese dobbiamo stare attenti a … mille cose.

Alla domanda come stai? Rispondevo: eh insomma, eh cosi… poi ascoltandomi bene, cosa c’era che non andava? Nulla! Quindi come stai o come va? E’ diventato un: bene grazie!

Ho sempre pensato che le parole degli altri comandassero su di me, il loro giudizio, il loro pensare, mi è sempre stato detto che avrei fatto fatica, che chissà cosa sarebbe successo della mia vita, mentre la vita si stava compiendo, io da qui ho imparato ad accogliere me stessa, a guardarmi allo specchio, accogliere non in segno di rassegnazione, ma accettare con amore quello che c’è, e questo mi permette di vivere con me stessa sentendo ciò che provo, ciò che vivo, ciò che c’è con me e con gli altri.

La paura di uscire da qui persisteva, finché la mente lavora e ha voce più forte di ciò che abita dentro. Io mi amo, io mi odio, queste le due frasi tra le più forti, mi amavo e mi odiavo, allo stesso tempo, e queste arrivavano da anni e anni di negazione ma che ora prendono una forma diversa, perché quello che c’è non si può cambiare e non cambia ed è solo quello che è. Poi è arrivato un ordine mentale, un ordine in senso fisico, una maggiore serenità, ho iniziato a sorridere, a parlare con gli occhi a guardare negli occhi, a sorridere di me stessa a ridere e a gustare i momenti e le persone con le quali sono ed entro in relazione.

Staccare poi dal concetto di normalità, è stato un altro passaggio importante, perché la normalità cosa è? Se la differenza sta in 30 cm, la normalità cosa è? Staccare da questa normalità che consideravo irraggiungibile, e iniziare a vedere che le cose appunto avvenivano ed erano già avvenute anche per me. Qui il passaggio è stato inizia ad AGIRE, con ciò che ho, con ciò che sono, facendo qualcosa di concreto: quindi mettendo in pratica l’azione concreta nella vita quotidiana.

Alla fine ho dovuto arrendermi a me stessa, a colei che remava contro se stessa e lasciare che le cose avvenissero, perché il treno aveva iniziato a viaggiare, mi sono messa al muro e ho iniziato ad accogliere: le gambe, la mia statura, le braccia, e ciò che sono. Faccio sport a livello agonistico, e per me è iniziata una nuova avventura, lo sport abbinato alle tecniche F.R.E.E.L. dona una nuova visione, mi sono sentita più sicura al campo di allenamento, meno timorosa dei commenti e degli sguardi, mi sono lasciata andare e a vivere gli allenamenti e le gare in maniera diversa da come le avevo affrontate all’inizio della mia esperienza, dare il meglio ma staccare la mente, non pensare di avere una misura (termine che torna sempre nella mia vita) da raggiungere ma piuttosto riuscire a vivere quel momento per quello che è, e allora li si compie davvero la trasformazione che porta anche a grandi successi.

E di chi ti vuoi fidare se non di te stessa/o?

...iniziare a svelare i desideri e a viverli è stato un altro passaggio importante, ho preso in mano un desiderio grande e l’ho messo in pratica, mi sono messa in gioco partecipando al primo corso di massaggio base svedese.

Fidarmi di me stessa, mi ha permesso di smettere di raccontare storie, menzogne e crearmi sogni che non hanno fondamento, da qui le giornate sono sempre più ricche e le mie ferite le guardo ora con gli occhi della verità allora lo sguardo cambia.

Ho imparato ad accettare me stessa, passo dopo passo, non in segno di rassegnazione: ok accetto accolgo e me lo carico sulle spalle, ma piuttosto come accetto quello che ho perchè quello che ho mi dona la possibilità di avere, di crescere, sperimentare, e di poter vivere per quella che sono IO, per i desideri che si muovono dentro di me. E come ho fatto? Uno dei primi passi è stato prendere in mano lo specchio, e guardarmi, guardare me stessa, non immaginare che con quello che mi metto addosso (vestiti) io sia un’altra persona, ma ritrovarmi in quella che sono io e da li partire. E da qui è arrivata una maggiore serenità, un ordine materiale e mentale, un po’ di calma nella mia vita, se prima dovevo sempre arrivare in grande anticipo e andare via per prima, per non sentirmi inferiore ora invece le cose succedono cosi come devono succedere.

Un audio che mi ha dato modo di mettere ancora di più in pratica le Tecniche F.r.e.e.l. è il podcast n. 52

Sono più consapevole di ciò che accade, del momento presente, riesco a sorridere, a dormire più tranquilla, a mangiare diversamente. Ho un corpo diverso, una pelle diversa. Ho iniziato anche ad ascoltare in maniera diversa, le parole hanno un significato diverso, amare e amarsi, mettersi in relazione e stare in relazione con l’altro, guardare negli occhi più che guardare i piedi o la bocca, sentire cosa accade dentro quando arriva una parola e quindi avere davvero la libertà di scegliere con chi stare e con chi non stare.

E da qui percepire le parole in maniera diversa, amore e amare, voler bene e abbracciare, iniziare ad amare a distanza, e poi la grande parola solitudine che sembra racchiuda un significato negativo, per me è stata una rivelazione, ho rivalutato il senso, comprendendo il significato in termini di presenza per me stessa, per l’altro/a senza invidia, senza gelosia, ma sapendo che ognuno di noi compie il proprio percorso e a me quello che sta avvenendo è qualcosa di unico e solo per me, questa solitudine che in tanti casi sembra quasi essere una malattia, è una strada, fa crescere.

La più ardua fatica è stato un lavoro costante, un affrontare in ogni momento quello che emergeva, perchè la prima via di fuga è non voler vedere quello che c’era, le resistenze erano impegnative, è un lavoro appunto costante per riuscire a ritrovare la mia persona, Io Agnese.

E quando cambia l’energia, tutto inizia a girare in maniera diversa, e l’ho visto in allenamento e nelle relazioni. Tutto inizia a girare e anche chi ti conosce da anni, vede e comprende che la vita ha avuto un’evoluzione grande e forte e che ora c’è un grande senso di serenità.

Non ho più cercato di mendicare attenzione e quello che mi è arrivato è stato un grande dono, persone che davvero riescono ad essere per me una presenza importante seppure magari distanti e con una realtà di vita molto diverse dalla mia.

Per raccontare degli aneddoti, ho avuto delle esperienze belle di accoglienza e di trasformazione e delle esperienze meno simpatiche. Partendo dal positivo ad allenamento con dei baby calciatori che mi hanno vista mentre mi stavo allenando e mi hanno urlato “guarda quella nana” sono riuscita a ridere di me, e poi andarli a salutare, senza dire molto credo abbiano compreso che il mondo non è solo dei grandi a misura normale. Anche quando sono al supermercato e non arrivo a prendere la spesa, chiedo senza farmi troppe domande, chiedo un aiuto e a volte sorrido con le commesse che nemmeno loro arrivano agli scaffali, un’altro momento che prima sembrava impossibile da vivere, è quando riesco a dedicarmi un tempo per andare anche solamente a fare colazione da sola, quel tempo è per me, e anche in solitudine è un tempo ricco e prezioso.

Le esperienze più faticose, sono quando la gente mi batte la mano in testa, si appoggia sulla spalla come fossi un appendino, quando mi chiedono se devono chiamarmi nana e io rispondo che mi chiamo Agnese, oppure quando gli adulti tappano occhi e bocca ai bambini e ai ragazzi per non vedere la disabilità o meglio la diversità, un’altro episodio faticoso è stato quando facevo fatica a camminare e dopo un pomeriggio in compagnia sono stata lasciata in mezzo ad una piazza perchè chi era con me era stanco di aspettarmi.

Le Tecniche F.r.e.e.l. sono apertura sotto diversi aspetti, anche quello della sessualità

Dove sta la problematica sessuale nella disabilità? Prima di tutto nel contesto in cui cresci, se non hai alla base dei genitori che ti sostengono e ti aiutano in questo senso non riesci a vivere a pieno nulla di ciò che ti è dato perché tutto ti sembra precluso a priori, tu non puoi, tu non devi, tu non sei all’altezza di vivere e di provare e da qui oltre che alla difficoltà a livello più intimo sessuale c’è un’altra difficoltà che è relazionale, perché se tu inizi a credere che non puoi, non devi, non ti è permesso perchè gli altri decidono per te, allora inizi a non credere più in nessuna relazione, anche l’amico più fidato, e in nessuna cosa che ti capiti, ma io ho scoperto che posso, e soprattutto io lo devo a me stessa prima di tutto l’amore per me, e poi posso mettermi in relazione.

La disabilità non preclude la possibilità di vivere l’affettività e la sessualità, avevo e ho gli stessi bisogni di tutte le persone, il “problema” è trovare qualcuno con cui viverle che poi non diventi violenza o una modalità per vedere qualcuno da salvare “ha bisogno di tanto amore perciò ricambierà il mio sentimento senza ribellarsi”.

Per il disabile non c’è solo la disabilità ma abbiamo le stesse necessità affettive relazionali e sessuali di tutti gli altri e da qui la decisione di partecipare al corso di introduzione alla sessualità consapevole e al tantra che mi ha permesso di mettermi a nudo e di entrare in più stretta relazione con il mio corpo.

Ci sono state varie sfide affrontate un po’ per gioco un po’ per sbaragliare tutti gli impedimenti: dal viaggio fatto in Emilia Romagna per andare a conoscere un ragazzo e quindi prendere il treno e partire, partecipare ai vari corsi senza tante domande ma fidandomi anche del fatto di non conoscere nessuno e di non aver mai fatto un masasggio o un corso di questo tipo, e da ultimo ma non ultimo la nascita del blog, per non tenere da parte ciò che mi vive dentro ma piuttosto farlo trasparire, farne dono, e potermi esprimere.

Come ci sono state diverse cose che mi hanno accompagnata in questo percorso: la meditazione che trovate al podcast n. 4 che per me è stato uno strumento potente, da poter tenere sempre a portata di mano per riportare l’attenzione al momento presente e poi il corso di rilascio emozionale che mi ha permesso di vivere un lavoro di gruppo molto potente fondato sullo sblocco di alcune convinzioni che avevo: il giudizio degli altri, il sentirmi inferiore, il non poter vivere ed esprimere la mia sessualità poi realizzato nel corso di introduzione alla sessualità consapevole e tantra.

Questo percorso aiuta in qualsiasi situazione per uscire dai pensieri ricorrenti, dalle preoccupazioni, dalla quotidianità fatta solo di routine (casa, lavoro, famiglia, palestra), perchè inizia a cambiare in amore per sé, amore per chi abbiamo intorno; io ho iniziato anche ad aver più interesse per la natura, per ogni cosa che mi gira intorno e alla quale magari non ho mai dato così tanta importanza. La centratura personale è un fondamento che arriva se ci si mette in ascolto profondo della propria persona.

Agnese